La Sezione VI civile della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 17625 del 5 settembre 2016, ha emanato un provvedimento per cui la vittima che cade a causa di una buca sul manto stradale, una volta accertato il nesso causale con il danno subito, non deve anche dimostrare l’effettiva «pericolosità» della cosa che invece spetta al Comune in qualità di custode.

È infatti quest’ultimo a dover dimostrare, per sottrarsi alla responsabilità di cui all’art. 2051 del Codice Civile, la propria assenza di colpa o il concorso di colpa del danneggiato.

In questo modo viene ribaltato quanto stabilito dai giudici di merito del Tribunale di Catanzaro che in Appello, nonostante avessero accertato che la caduta del motociclista ricorrente era stata causata dalle buche e dal brecciolino presenti sulla strada, avevano rigettato la domanda di ristoro perché la vittima non aveva provato che «lo stato dei luoghi presentava una obiettiva situazione di pericolosità». Gli Ermellini invece sostengono che «deve escludersi che la vittima, una volta provato il nesso di causa, per ottenere la condanna del custode debba anche provare la pericolosità della cosa». Infatti, nel momento in cui il nesso di causa è positivamente accertato, come sostenuto dalla Corte di Appello, allora «non è più necessario stabilire se la cosa stessa fosse pericolosa o meno». Quindi, provato il nesso «spettava al Comune dimostrare la propria assenza di colpa».

Ma al di là del fatto che ci fosse pericolo o meno, la Cassazione rileva un errore dei giudici d’Appello poiché «anche il proprietario di cose non pericolose risponde ex art. 2051 c.c., una volta appurato un valido nesso di causa tra cosa e danno».