Con sentenza 19075 del 2015 la Cassazione ha ribadito la legittimtà della pratica di “prenotare” la sosta in attesa che giunga il familiare o l’amico per parcheggiare, giudicando colpevole di lesioni l’automobilista, che indispettito dalla pratica ha urtato lievemente l’occupante.
Pur dichiarando che quest’ultimo si fosse spostato all’ultimo momento e che quindi l’urto non fosse voluto, la Suprema Corte ha tenuto presente solo il contatto fisico.
La questione ha riaperto la discussione su una serie di abitudini quotidiane come appunto quello di chiedere al passeggero della propria auto di occupare di persona uno spazio visto in lontananza.
In termini giuridici l’occupante, pur commetendo un apparente abuso se occupa più di un posto, può ritenersi un delegato incaricato dell’operazione materiale. La prenotazione però deve avere tempi e modi ragionevoli.
La precedenza a chi giunge per primo rispetta il principio giuridico “prior in tempore potior in iure” e una norma sul tema era contenuta nel Codice sulla navigazione anteriore al 2009, Codice che disciplinava anche il “diritto di insistenza”, ossia di mantenere il posto occupato. Tale diritto era del tutto simile a quello di chi si allontana dal posto per andare a prendere un caffè o recarsi alla toilette, perché l’occupante non ha espresso la volontà di abbandonare quella situazione di vantaggio che può essere manifestata usando segnali particolari, purché inequivocabili e riconducibili alla persona. Chiedere ad un’altra persona di occupare il proprio posto in una fila o in un parcheggio rispecchia lo stesso ragionamento perché si effettua una delega che può essere anche verbale.
Se qualcuno ha da ridire può appellarsi al giudice per non correre il rischio di un “esercizio arbitrario delle proprie ragioni” (art. 392 del codice penale) ma se il sopruso è evidente è ammessa la reazione a caldo evitando il contatto fisico (lesioni) o verbale (ingiurie) come ci ricorda la Cassazione.