“La liquidazione del danno morale, quale sofferenza interiore patita dalla vittima dell’illecito, deve effettuarsi con riferimento al momento dell’evento dannoso ed alle caratteristiche dello stesso, mentre non incidono su di essa fatti ed avvenimenti successivi, quale la morte del soggetto leso”
È questo il principio di diritto espresso dalla VI Sez. Civ. della Corte di Cassazione con la sentenza n. 12060 depositata il 13 aprile 2022.
Secondo gli ermellini, infatti, la quantificazione del cosiddetto danno morale, conseguente ad un sinistro stradale non può essere correlata al breve spazio di tempo intercorrente tra le sofferenze patite della vittima e la sua morte. Tale danno si realizza, invero, al momento stesso dell’accadimento e tutti gli eventi successivi non assumono così rilevanza determinante ai fini della sua maggiore o minore qualificazione. I giudici, ai fini della personalizzazione del danno morale, hanno infatti disatteso i principi espressi dalla Corte di legittimità, secondo cui “il danno patrimoniale quale sofferenza patita dalla sfera morale del soggetto leso, si verifica nel momento stesso in cui questo evento dannoso si realizza, mentre non vi incidono fatti ed avvenimenti successivi, quali la morte del soggetto leso.” Diversamente dal danno biologico, secondo cui, invece, l’ammontare del risarcimento va parametrato alla durata effettiva della vita del danneggiato.
Il danno morale conserva così la sua autonomia rispetto al danno biologico. Pertanto, il parametro utilizzato dalla Corte, che fa leva sul termine “durata”, deve essere inteso in senso qualitativo svincolato dell’automatismo legato alla quantità di tempo trascorso dal danno all’evento.