I casi di omicidio stradale si sono moltiplicati negli ultimi anni. Dal 2016, dopo anni di lunghe battaglie da parte di privati cittadini, Enti del Terzo Settore e professionisti, è stata finalmente emanata la legge n. 41, che ha introdotto nel nostro ordinamento il reato specifico di omicidio stradale, all’art. 589 bis del codice penale. Non capita infrequente, tuttavia, che il reato anzidetto sia la sommatoria di diverse forze in gioco. In altri termini: capita, purtroppo, che a concorrere al reato sia anche il comportamento della vittima, che non abbia provveduto ad attenersi fedelmente alle regole del codice della strada.

Come nel caso che ci occupa, nel quale uno sfortunato ciclista, a seguito di un violento urto con un’autovettura in fase di sorpasso, ha perso la vita rovinando brutalmente a terra. La dinamica del sinistro è resa grazie alla testimonianza del conducente di una delle vetture sorpassate.

L’autovettura investitrice, infatti, avrebbe superato la doppia linea continua di mezzeria, sorpassando due autovetture, perdendo il controllo del mezzo in curva e urtando il ciclista, che, tuttavia, viaggiava proprio lungo l’asse centrale della carreggiata (e non lungo il margine destro, come prevede il codice della strada). Proprio a causa del grado di co-responsabilità del ciclista, la pena per il reo, ai sensi dell’ultima comma – il settimo –  dell’art. 589 bis, è stata sensibilmente ridotta. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione, sancendo il concorso di colpa della vittima (Corte di Cassazione, Quarta Sezione penale, sentenza n. 20091 del 19 maggio 2021) nella causazione del sinistro diminuendo così la pena per il conducente corresponsabile.